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Unconscious Depths - Disegni a carboncino sul lutto e frammentazione del sé
Tipo di progetto
Carboncino su carta
Data
2022
Luogo
Catania
“Unconscious Depths” è una serie di disegni a carboncino realizzati durante un periodo di lutto e riflessione personale. Ogni opera rappresenta una tappa della mia consapevolezza riguardo all’infanzia e alla perdita, esplorando temi come la memoria, la frammentazione del sé, e la ricerca di linearità in un’esistenza complessa. Questi disegni combinano introspezione e riferimenti cinematografici, offrendo una narrazione visiva che riflette il mio percorso interiore.
Questa serie di disegni a carboncino l’ho realizzata, per bisogno personale, durante un periodo buio, di lutto, dato dalla presa di coscienza di come è stata l’infanzia per quel bambino che ero, e dalla coscienza della perdita di quest’ultima.
Il primo di questa serie è il mio autoritratto, in cui mi sono raffigurato con il volto parzialmente coperto, avvolto e coperto in un panno, come un viandante solitario in un deserto di notte, solo con il bagliore lunare che illumina il mio viso, con uno sguardo diretto e profondo, che guarda dritto negli occhi lo spettatore. Dando presenza a quella parte di me che è stata non vista e abbandonata ma anche nascosta, e che si sente così, sola, che cammina in un deserto arido, in una notte continua, senza stelle cioè senza speranze o sogni perché continuamente infranti, sentendosi delusa e disillusa.
Il secondo è stato realizzato mentre maturavo questa coscienza, ed è la copia della copertina del film “Memento” di Christopher Nolan. In generale apprezzo molto i film di Nolan perché in essi sono tessute insieme complessità e relatività ad ogni livello, con trame mai semplici ed immediate, ma da elaborare, da risolvere, un po’ come le questioni profonde dentro ognuno, no?
In “Memento” il dramma del protagonista è la memoria, che perde tutta ripetutamente. Per affrontare questo, scrive o lascia a sé stesso delle informazioni per far sì che la nuova versione “formattata” di sé, quando si sveglierà, potrà ricostruire la sua precedente memoria e le sue precedenti intenzioni.
La copertina del film riesce a racchiudere questo perfettamente, infatti non è altro che una foto di foto, di foto… infatti il protagonista era solito fare fotografie alle fotografie con appunti sopra e per ricostruire poi una nuova memoria una volta che l’avesse dimenticato.
L’effetto che si crea sulla foto è come quello di due specchi che si mettono vicini, dove l’uno specchia l’immagine dell’altro e viceversa creando un riflesso che si propaga all’interno all’infinito.
Il terzo carboncino è un fotogramma di “Interstellar”, uno dei miei film preferiti, anche questo di Christopher Nolan, mentre riprende Gargantua, il buco nero super massiccio attorno al quale la trama della realtà si piega, arrivando ai punti più estremi, contraddittori e asintotici.
Il buco nero è uno dei passaggi del film dove i protagonisti devono misurarsi con la relatività e con il tempo. Infatti, vicino ai buchi neri, a causa dell’estrema gravità, i corpi che cadono in esso accelerano, quasi alla velocità della luce, rallentando il loro tempo rispetto al resto.
Queste due scene di questi film hanno risuonato molto in me, in quel periodo, e in entrambi si può dire c’è l’impegno dello spettatore di dover ricostruire un senso, una trama, una temporalità dove ritrovare una linearità, lo stesso impegno che continuamente vivo su me stesso, “frammentato”.
Ed è proprio l’ultimo autoritratto di questa serie che riguarda questo: la frammentazione che percepisco su me stesso, la perdita della linearità della propria trama.
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